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Donne e STEM, cosa non va
Ha ancora senso oggi approfondire il tema della partecipazione femminile nel campo delle STEM (Science, Technology, Engineering and Maths)? Stando ai dati, sì.
Secondo le ricerche Eurostat, relative al periodo 2019-2020 e recentemente diffuse come contenuto di infotainment da WillMedia, le donne che lavorano nei settori STEM sono il 41% del totale della popolazione occupata in questi settori e, in Italia, la quota scende al 34% al pari della Germania, e dietro a Paesi come Francia, Spagna e Portogallo. Le ragazze, in effetti, non sognano né si sentono in grado di intraprendere carriere nel campo delle STEM, come emerge dai dati ISTAT del 2021 per i quali, sempre in Italia, solo 1 laureata su 6 tra i 25 e i 34 anni ha una laurea in materie scientifiche (il 17,6%) ed è la metà rispetto agli uomini (il 33,7%).
Nella newsletter di Donata Columbro, la data humanizer cita, non a caso, Tasmania, l’ultimo romanzo uscito di Paolo Giordano, il cui protagonista interviene in una conferenza mondiale dedicata alle donne nella scienza.
Le donne entravano nel mondo scientifico con le stesse identiche opportunità dei maschi, ma rapidamente restavano indietro. Se nel passare gli esami universitari si erano dimostrate dotate quanto i colleghi uomini, anzi perfino di più, le loro performance nella ricerca si degradavano in fretta.
(Tasmania, Paolo Giordano)
E non stiamo trattando di romanzi e fantascienza, quando volgiamo lo sguardo ai grafici di Shefigures del 2021. Se è vero che a livello del titolo di studio dottorale, la proporzione tra i sessi è bilanciata, dettagliando la ricerca si nota come le donne PhD siano sovra-rappresentate nel campo dell’educazione e sotto-rappresentate nel campo ingegneristico e tecnologico. Non solo, la linea della percentuale della presenza di donne, sia quella relativa al 2018 che al 2015, cala all’aumentare del titolo di studio e dei contratti di ricerca e di insegnamento. Quella degli uomini sale. E si arriva così ad una rappresentanza di donne di meno del 25% nei ruoli dirigenziali anche nel campo dell’educazione.
Il progetto WeSTEAM
Cosa si può fare per migliorare la situazione? WeSTEAM è un progetto Erasmus+ che mira ad aumentare il ruolo delle donne nella scienza e l’attrattività dei corsi scientifici per le studentesse. Come? Attraverso l’approccio STEAM.
Sappiamo che il campo STEM è il campo che racchiude gli ambiti di Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica. L’approccio STEAM aggiunge una A che sta per Arte e punta sul potere che l’arte ha di favorire il pensiero creativo, l’immaginazione e il design di soluzioni innovative. Il gender gap nel campo formativo e lavorativo delle STEM si può combattere, infatti, grazie all’art thinking e alle nuove consapevolezze che l’integrazione dell’arte è in grado di donare. Per il progetto WeSTEAM, cinque organizzazioni culturali e centri di educazione formale e informale (Ars Electronica, Espronceda, Sineglossa, Changemaker e Lulea University) hanno sviluppato uno skills framework per chi lavora nel campo della didattica e della formazione che potrà essere utilizzato sia nel campo accademico che in ambiti informali, come i workshop. Il framework è un valido strumento a cui attingere per testare il potere di empowerment delle STEAM, ovvero di esperienze formative create e validate a livello europeo.
Best practices STEAM
Ma come si sviluppa un progetto Erasmus+ di questo tipo? Gran parte del lavoro iniziale consiste in una minuziosa opera di ricerca e nel porsi domande come: esistono progetti simili atti ad integrare arte e scienza? Quali sono i loro punti di forza? E quali quelli di debolezza? È possibile ricavarne una cornice metodologica? Per WeSTEAM, ogni partner di progetto ha individuato due o tre best practice nel proprio paese.
Si scopre così che in Svezia, al Teckniska Museet, bambinɜ dagli otto ai tredici anni possono partecipare al The Mathematical Garden: un’esperienza esplorativa in cui ritrovare la matematica che ci circonda in pattern geometrici, simmetrie e frattali. Oppure che in Austria presso Ars Electronica, grazie all’iniziativa Ai&You, in un tour di due ore, 15 partecipanti possono comprendere come e quanto la tecnologia arrivi nella vita di tutti i giorni attraverso il medium sia scientifico che artistico. E ancora, in Italia presso il Museo della Scienza, Future Inventors lab propone esperienze educative sia fisiche che virtuali, in un’ottica di contaminazione tra arte e scienza grazie alle installazioni di artistɜ di fama internazionale come Michael Bromley, Anders Lind, Machiel Veltkamp e Moritz Simon Geist. Tra le altre best practice individuate troviamo: in Svezia, Play Beyond Play sempre presso il Teckniska Museet e lo Exploratoriet-Skelleftea Science Center. In Austria, Archetype Expectation Management, in Italia Liceo STEAM International e in Spagna STEAM BCN e Makers per la inclusiò.
La ricerca prodotta da Sineglossa
Per il progetto WeSTEAM Sineglossa si è occupata di strutturare lo skills framework.
Dopo l’iniziale fase di studio dello stato dell’arte e d’inviduazione delle best practices a livello europeo, per individuare lo skills framework è stata svolta una prima attività di ricerca sul campo: i partner del settore culturale e creativo (Ars Electronica, Espronceda, Sineglossa) hanno organizzato un focus group con lɜ artisti, al fine di identificare le fasi, le azioni e le competenze che caratterizzano il processo creativo; i partner del settore scientifico (Changemaker, Università di Lulea) hanno organizzato un focus group con studentɜ di facoltà scientifiche, al fine di confrontare il processo creativo applicato al campo artistico con quello applicato al campo scientifico È emerso, infatti, che scienziatɜ e artistɜ hanno molto in comune quando si tratta di creative thinking. Il processo può, allora, essere diviso in quattro macro-fasi comuni.