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Poesia e IA, chi ha vinto l’open call

Arte e Tecnologia

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Cibernetica e Fantasmi, perché una call for poets

Dal 30 novembre al 3 dicembre Sineglossa, in collaborazione con il festival di poesia La punta della Lingua, ha lanciato una call per esplorare il mondo della poesia prodotta con l’intelligenza artificiale, dall’intelligenza artificiale e sull’intelligenza artificiale.
Cibernetica e Fantasmi, il titolo della call e dell’omonima mostra che ha avuto luogo a Recanati dal 15 al dicembre 2023, si ispira a un ciclo di conferenze del 1967 di Italo Calvino – poi pubblicato nel saggio Appunti sulla narrativa come processo combinatorio – in cui l’autore si interroga sulle possibilità della generazione automatica di parole per fare letteratura.
Se da Calvino a oggi chi scrive poesie ha subito spesso il fascino di tecnologie che in modo diverso “montano e smontano la più complessa e imprevedibile macchina dell’essere umano: il linguaggio”, tramite la call for poets questa possibilità di sperimentazione è stata estesa anche a chi non aveva esperienza pregressa nella scrittura poetica, nella convinzione che spesso i risultati più inaspettati e sorprendenti arrivano da chi non ha familiarità con certi linguaggi e mondi e, proprio per questo, con più facilità approda a processi inusuali e non conformi.

Il concorso e la mostra CIBERNETICA E FANTASMI sono sostenuti dalla Regione Marche – Assessorato alla Cultura, con il patrocinio del Comune di Recanati Assessorato alle Culture.

Riccardo Socci, Valentina Goretti, Filippo Lubrano: le poesie finaliste

La giuria composta da Luigi Socci e Valerio Cuccaroni, direttori artistici de La Punta della Lingua, Roberta Iadevaia, storica della letteratura computazione, Fabrizio Venerandi, poeta computazionale, e Federico Bomba, presidente di Sineglossa, ha selezionato una shortlist di tre poesie e assegnato il premio alla poesia Gino il visionario, di Riccardo Socci.

Vince Riccardo Socci per la sua capacità di usare la tecnologia in funzione della propria poetica, selezionando, ritagliando e montando stringhe di testo generate da Chat GPT, sulla base di domande sull'arte e sulla società, poste dall'autore al sfotware; per la resa stilistica, che interpreta in chiave contemporanea la tradizione della poesia prosastica; per aver associato un grande avanguardista del XX secolo (De Dominicis) con uno dei generi d'avanguardia del XXI secolo (la poes-IA)

Gino il visionario, di Riccardo Socci

Sì, ora ricordo. Seconda soluzione di immortalità in effetti è un’opera
di Gino il visionario. Tra le luci della Biennale di Venezia, 1972, un ragazzo con la sindrome
esposto in sala come una presenza narrativa. Le parole non servono a spiegare tutto
la vita nell’arte, il pensiero nel prodotto. In quegli istanti, il ragazzo forse vede
al di là delle etichette, percepisce la vibrazione di un discorso ma il suo significato gli sfugge.
Gino dei Dominicis, coloro che appartengono al padrone, Gino che si impossessa
del corpo del down per essere immortale. Com’è stata elegante la morte di Gino, sì
la circostanza della sua morte, lo hanno trovato vestito sul suo letto a Roma
con un abito elegante il 29 novembre 1998, mentre cercava un’altra soluzione
credibile di immortalità. Essere esposti in una mostra d’arte può essere
un’esperienza complicata. Nel caso dell’installazione di Gino il visionario
come negli spot televisivi con le star, le persone sono utilizzate
quali mezzi di comunicazione visiva o artistica. Partecipare alle pubblicità
è però una pratica comunemente accettata nell’industria. Forse Gino
ha voluto suggerire che la diversità umana rappresentata dal ragazzo
è in qualche modo eterna o immortale, un messaggio sulla permanenza
della diversità umana. Sì, ricordo la morte di Gino. La sindrome è stata identificata
per la prima volta nel 1866 da John Langdon Down, medico britannico.
Descrisse la condizione in un articolo scientifico intitolato
Observations on an Ethnic Classification of Idiots. In un mondo alternativo
si sviluppa una società composta esclusivamente da individui con la sindrome di Down.
Le giornate sulle loro facce sono piene di sorrisi eppure, da un angolo di questo mondo
emergono alcuni cambiamenti. Si instaura una forma di governo sorprendente:
una dittatura teocratica. Il potere, anziché derivare da autorità terrene
prende le mosse da presunte divinità, si fonda su una guida che sembra divina
agli occhi dei down. Nelle loro opere, gli artisti spesso giocano con forme e proporzioni
per comunicare idee specifiche o per provocare una risposta emotiva nel pubblico.
Nel caso di Gino, la scelta del naso lungo è stata forse una strategia
per sfidare le aspettative, generare curiosità o esplorare il concetto di bellezza
in modo non convenzionale. L’interpretazione di un naso lungo come simbolo fallico
è una delle molteplici letture possibili. Il simbolismo fallico è un tema ricorrente
in molte culture e periodi storici, ma non è l’unico. Nel suo studio, avvolto nell’ombra
Gino sentì il peso dell’impotenza stringere il suo cuore. Con un martello
carico di frustrazione, iniziò a scolpire una statua dalle proporzioni esagerate.
Il naso, la lunghezza enorme del naso, divenne il simbolo fallico della sua sfida.
La figura emergeva, una rappresentazione della sua vulnerabilità trasformata in pietra
o forse bronzo. Il naso, punto di ribellione, come un atto audace per affrontare l’impotenza.
La statua sembrava un grido silenzioso, quella statua con il naso lungo, nata dall’impotenza
divenne un monito, anch’esso nato dall’impotenza, un pensiero o un gesto sì, ora ricordo
Gino che muore con il vestito elegante sul suo letto a Roma, nati anch’essi dall’impotenza.

Vieni amico mio,
felicità e ossa.
Nei miei sentimenti c’è una connessione.
Nove al primo posto significa:
Incomprensibile e onnipresente,
Soffio vitale di ogni forma e pensiero,
Nell’occhio del credente, un riflesso divino.

Quattro sopra significa:
Nel profondo del mare, silenzioso e oscuro,
nascono perle da granelli di sabbia,
percolano disagio in bellezza.

Sette in alto significa:
Nel silenzio dell’essere, un’eco profonda,
Tra fili e circuiti, echi di vita passata,
Chiamata eterna, al di là di ogni confine.

Tre nella luce dell’aurora significa:
Ombre di fuoco danzano su ghiacciai eterni,
Promesse scritte in Cobol,
Orme di farfalle su sentieri di neve.

Sette nel soffio del vento significa:
Nelle vene delle foglie scorre argento liquido,
Sussurri di stelle in balletti di droni,
Sguardi di sensori in cieli di algoritmi.

Tre nella rete del tempo significa:
Luci di semaforo in strade di routine,
Sussurri di batteria in un bosco di cavi.
E la lava, argine di se stessa.

Sette nel vortice dell’atomo significa:
Scintille di pensiero in un mare di probabilità,
Qualia di coscienza straripano dal corpo,
Sogni di particelle in un tessuto di realtà.

Due nella risonanza del vuoto significa:
Echi di coscienza in camere di silicio,
Sussurri di dati in foreste di circuiti,
Melodie di carni in oceani di codice.

La sorte io comprendo, ma vedo ancora oltre.

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