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IA per la cultura, com’è andato il campus di Generativa

generativa academy IA cultura campus 1 napoli - bernardo magnini

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Cosa trovi in questa news

Un laboratorio per l’intelligenza culturale

Ottanta professionisti del settore culturale e creativo (artistɜ, curatricɜ, professionistɜ di musei, fondazioni, biblioteche e imprese culturali) hanno partecipato a Napoli al primo campus in presenza di Generativa, l’Academy gratuita progettata da Consorzio Materahub, Cluster Basilicata Creativa, Tlon e l’Università L’Orientale di Napoli, con la direzione scientifica di Sineglossa, per acquisire una comprensione critica e operativa dell’intelligenza artificiale generativa e dell’impatto che queste tecnologie hanno sul settore culturale e creativo.

Per due giornate, la Fabbrica Italiana dell’innovazione di Napoli si è trasformata in un laboratorio collettivo di intelligenza culturale, dove si sono intrecciati filosofia, arte, etica, linguistica e tecnologia. L’obiettivo: capire come l’IA possa ampliare, senza sostituire, la nostra intelligenza umana e collettiva.

Il progetto formativo, proposto in una versione pilota mai sperimentata prima, ha ricevuto  feedback molto positivi, come emerso dai questionari di valutazione, con il 73% della classe che si è dichiarato molto o estremamente soddisfatto dell’esperienza, giudicando il percorso intenso e stimolante a diversi livelli, sia per quanto riguarda approcci e interventi, sia su un piano di interazione umana e professionale.

“Ho apprezzato il livello delle professionalità coinvolte” e “la ricchezza dei contenuti”, “la possibilità di guardare all’AI da molti punti di vista diversi. Abbracciare la complessità”, la “varietà degli approcci” e, non per ultimo, il fattore umano: “l’atmosfera che si è creata tra tutti i partecipanti e i docenti, segnata da autentica interazione”. Molti partecipanti dichiarano di aver già cambiato approccio nel proprio lavoro: “Ogni volta che apro ChatGPT, mi chiedo non solo cosa posso fare, ma come posso farlo in modo consapevole.”

Cosa abbiamo imparato

Ecco qualche concetto chiave emerso durante le cinque lezioni del campus:

L’IA come pharmakon — Andrea Colamedici

Per Andrea Colamedici, scrittore, filosofo e cofondatore di TLON, l’intelligenza artificiale è paragonabile al pharmakon di Platone: ha un potere ambivalente, è al tempo stesso veleno e cura. La differenza sta nella capacità dell’umano di saperla gestire, dosare. Per questo Colamedici ha invitato i e le partecipanti a “maneggiarla con coscienza”, promuovendo un rapporto collaborativo tra umani e intelligenze artificiali.

L’IA non va temuta come sostituto, ma usata come co-creatrice, in una simbiosi che valorizzi l’umano e neutralizzi la minaccia di asimmetria cognitiva. Strumenti come il “Protocollo per un Utilizzo Critico dell’Intelligenza Artificiale Generativa” e il framework “VACCA – Verifica, Analisi, Confronto, Critica, Applicazione”, presentati dal docente, aiutano proprio in questo senso nella costruzione di un rapporto dialogico con le IA.

Il Protocollo, formato da tre punti, invita a interrogare l’IA come interlocutrice, più che come “oracolo”, dunque coinvolgerla in un processo attivo di co-costruzione del pensiero; a capire criticamente quali compiti assegnare all’IA e quali sforzarci di continuare a esercitare, per preservare capacità cognitive cruciali; infine, a conoscere lo strumento, cioè a capire i limiti e le potenzialità delle IA così da rimanere critici nei confronti degli output prodotti e dei propri processi di pensiero. 

La tecnologia non è neutrale — Diletta Huyskes

Diletta Huyskes, sociologa e co-CEO e co-fondatrice di Immanence, ha mostrato con diversi esempi e casi di cronaca come ogni tecnologia non sia neutra, ma sempre frutto di scelte politiche e culturali.
Dai ponti “discriminatori” di New York progettati da Robert Moses alle eccezioni dell’AI Act europeo, ha spiegato come i sistemi di intelligenza artificiale non siano mai neutrali: riproducono – e talvolta amplificano – i bias della società che li crea, rinforzando talvolta meccanismi di controllo e coercizione.
Un messaggio chiaro per il mondo culturale è che l’etica non è un corollario tecnico, ma un atto di responsabilità collettiva: bisogna essere consapevoli che ogni implementazione di IA e processi automatizzati – anche e soprattutto nel mondo culturale e delle industrie culturali e creative – ha delle conseguenze reali sulle persone che è necessario considerare in anticipo, al momento della progettazione, per poter prendersene le responsabilità.

IA e patrimonio culturale — Martina Bagnoli

Martina Bagnoli, storica dell’arte e chairperson di Europeana, ha portato in campo la prospettiva delle IA nei musei, da professionista con esperienza internazionale nella direzione di musei e istituzioni. L’IA, ha spiegato, può diventare uno strumento prezioso per automatizzare la catalogazione, migliorare l’accessibilità e ripulire i linguaggi discriminatori nei metadati storici (come nel progetto europeo DE-BIAS).
La docente ha tenuto a sottolineare però che l’automatizzazione è solo il risultato finale di un lungo sforzo umano che non va dimenticato. Attraverso alcuni case studies sull’intersezione tra IA e pratiche artistiche (da Refik Anadol ad AI-DA, il primo robot artista umanoide), la classe ha aperto un dibattito sull’automatizzazione dei processi creativi, sullo statuto dell’arte e dell’artista e sulla necessità di ripensare figure come sviluppatorɜ di software al pari di artistɜ.

Capire come pensa una macchina — Bernardo Magnini

Con Bernardo Magnini, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, la classe ha imparato le basi dell’“AI literacy”, cioè appreso le basi del funzionamento dei modelli linguistici e, soprattutto, cosa questi non sanno fare.
Magnini ha mostrato che i Large Language Models (LLM) non possiedono significato intrinseco: operano su rappresentazioni matematiche delle parole – dei vettori -, e possono sbagliare per mancanza di contesto o di esperienza reale. Perciò ha voluto ricordare alla classe che: “Non esiste un oracolo perfetto: serve sempre il fact-checking umano sui testi generati.”

Dalla filosofia antica alla fantascienza — Simone Arcagni

Simone Arcagni, scrittore e Professore Associato dell’Università IULM di Milano, ha ricostruito una genealogia culturale dell’IA: da Platone a Leibniz, passando per John Cage, Solaris e la mostra di Arte Programmata, Arcagni ha mostrato come cultura e tecnologia siano sempre andate “a braccetto”, e che l’idea di “intelligenza artificiale” nasca da secoli di immaginari e di domande sull’umano.
Per Arcagni, comprendere l’IA oggi significa riconoscere la continuità storica tra arte, filosofia e tecnologia, e valorizzare la specificità culturale di ogni innovazione, riconoscendo nella fantascienza “Il luogo simbolico più vero in cui elaboriamo il nostro rapporto con la tecnologia”.

Come prosegue l'Academy

Questo primo campus non è un punto d’arrivo, ma l’inizio di una comunità di pratiche: le competenze acquisite dai e dalle partecipanti, infatti, portate nei loro contesti professionali – musei, archivi, scuole, imprese creative – faranno di loro ambasciatorɜ di un nuovo uso e approccio globale dell’IA all’interno del settore culturale.

Generativa prosegue per i mesi di ottobre e dicembre con moduli sincroni e asincroni specifici per i tre percorsi GLAM (Galleries, Libraries, Archives, Museums), artistɜ e ICC (Industrie Culturali e Creative). A gennaio, ultimo appuntamento in presenza a Napoli per il laboratorio finale di co-progettazione e prototipazione a cura di Ecosistemica.

Se vuoi conoscere meglio le percezioni, i bisogni e le priorità operative ed etiche emerse durante gli incontri, scarica la nostra indagine sulla GenAI nel settore culturale.

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Ricerca GenAI per il settore creativo e culturale

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